A settembre è stato registrato il primo calo da aprile 2017, dopo 18 mesi di crescita continua. Prima caduta per l’export di orologi svizzeri che ha registrato una contrazione, su base annua, del 6,9% a 1,7 miliardi di franchi (circa 1,5 miliardi di euro). Ad agosto la progressione era del 5,5%, contro il +6,6% di luglio. Una variazione riconducibile, secondo la Fédération de l’industrie horlogère suisse al fatto che quest’anno il mese presentava un giorno lavorativo in meno. Prematuro parlare di inversione di tendenza ma è certo che ad evidenziare una flessione sono principalmente Hong Kong (che non dava cenni di debolezza da circa un anno e mezzo) con una quota di mercato scesa al 12,5%; Singapore (-49.4%) e gli Stati Uniti (-3%).
Secondo gli analisti la crescita rimane forte (+7,5%) ed in linea con le attese ma è inevitabile confrontare queste performance con quelle dei primi otto mesi dell’anno, durante i quali l’export evidenziava un +9,5% (contro il +10,0% del periodo gennaio-luglio).
Dopo quasi un anno mezzo di crescita, forse è anche fisiologico che il mercato sperimenti una frenata e la battuta d’arresto va registrata. E’ importante però capire se davvero abbia inciso il fatto che nel settembre di quest’anno ci fosse un giorno lavorativo in meno e quanto invece abbia pesato l’andamento delle vendite nei mercati principali. Osservando i primi dieci mercati, si può vedere come le note positive siano venute solo da Cina, Giappone, Germania e Corea del Sud. Per il resto il segno è negativo, Italia compresa, Francia invariata.
L’industria elvetica degli orologi rappresenta oltre il 50% del fatturato mondiale del settore ed esporta circa il 90% della sua produzione. Le cifre sull’export fornite dalla Fédération de l’industrie horlogère suisse (FH) rappresentano il termometro principale per il settore. Qualche timore era già emerso con la discesa in Borsa di molti titoli del lusso, sull’onda delle previsioni relative ad una possibile flessione delle vendite in Asia ed in Cina in particolare. La discesa aveva colpito anche le azioni dei due maggiori gruppi svizzeri del settore, Swatch Group e Richemont, quotati a Zurigo, che poi avevano registrato un parziale rimbalzo.
Non dimentichiamo la crisi che stanno sperimentando le fiere di settore: dalle più innovative a quelle più blasonate. Diverse le defezioni per Baselworld mentre Audemars Piguet e Richard Mille hanno annunciato che abbandoneranno il SIHH. I due marchi hanno infatti assicurato la propria presenza relativamente alla prossima edizione del salone ginevrino (14-17 gennaio 2019) ma hanno annunciato che lo abbandoneranno definitivamente dal 2020. Si prospetta quindi, se non una crisi, una rivoluzione dell’industria orologiera con nuove strategie aziendali che vedono, probabilmente, una customer experience sempre più diretta con relazioni non mediate ma personali con gli appassionati di orologi in tutto il Mondo.
L’universo dei grandi saloni non corrisponde più alla strategia di distribuzione selettiva di un settore che sta scoprendo sempre di più le vendite online ed investe nella realizzazione di eventi specifici ed esclusivi per la clientela.
Il SIHH resta comunque uno degli eventi di riferimento, annoverando tra i partecipanti i marchi Richemont (Cartier, Montblanc, Panerai) ed altri brand storici. Baselworld, di certo non immune a questo vento di cambiamento, ha iniziato a prendere le dovute contromisure con una nuova formula, ridotta nel numero di partecipanti e nei giorni, molto più interattiva. Diversi comunque gli abbandoni subiti: il più importante, senza dubbio, quello di fine agosto del colosso Swatch Group (il quale possiede diversi brand tra cui Omega e Breguet).