home Diventare Milionari, In Primo Piano Paradisi fiscali e società off-shore: qualche informazione in più

Paradisi fiscali e società off-shore: qualche informazione in più

Si è parlato spesso, ultimamente dei cosiddetti “Paradise Papers”, alcuni documenti riservati relativi ad investimenti offshore che sono stati scoperti dal quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung e che hanno scatenato una bufera nel mondo finanziario, aziendale ed economico internazionale. Si tratta della seconda fuga di dati e notizie più grande della storia, costituita da circa 1,4 terabytes di informazioni, dietro solo ai “Panama Papers” del 2016. Il tema dei paradisi fiscali è tornato sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo grazie allo scandalo dei Paradise Papers e con questo le cosiddette “isole del tesoro”, Antigua e Barbuda (Caraibi), sede di molte società off-shore, e quindi un vero e proprio paradiso fiscale.

L’espressione off-shore significa “fuori giurisdizione” ed indica una società costituita in Paesi dove le spese fiscali sono limitate e le istituzioni garantiscono il segreto bancario. Questi Paesi, sostanzialmente, non rispondono alle richieste delle magistrature straniere o richiedono procedure così complesse da scoraggiare la maggior parte dei giudici. Per avviare una società off-shore servono al massimo 48 ore, niente uffici né dipendenti. Spesso non è necessario un titolare: basta un prestanome o addirittura un nome di fantasia. Le società “off-shore” sono quasi sempre scatole vuote cui fanno capo attività commerciali o finanziarie svolte in altri Paesi. Attraverso scappatoie legali e complessi sistemi burocratici, registrano grossi guadagni nei “paradisi fiscali”, dove la pressione fiscale è bassissima.

In Italia, aprire una società off-shore non è reato ma se ciò dovesse avvenire in maniera occulta si tratterebbe di una violazione delle norme tributarie. Secondo la Guardia di finanza, molti ricorrono a questi paradisi fiscali per risparmiare sulle tasse, riciclare denaro, dedurre costi inesistenti, sfuggire ai creditori o semplicemente alle richieste degli ex coniugi. Ma la storia dei paradisi fiscali è molto antica, quanto quella delle tasse.

Da sempre i cittadini più abbienti hanno cercato degli stratagemmi per non eludere il pagamento delle tasse. Nell’ultimo periodo dell’Impero romano, in molti preferirono diventare sudditi dei regni barbarici pur di sfuggire al fisco di Roma. Il primo “paradiso fiscale” del mondo moderno fu l’America. Molti storici riconoscono che numerosi padri pellegrini (i fondatori delle colonie nordamericane) andarono nel Nuovo mondo per sfuggire alle tasse inglesi e non solo per motivi religiosi o politici. Secondo una leggenda le Isole Cayman, un territorio britannico nel Mare dei Caraibi, si sarebbero guadagnate lo status di località esente dalle tasse perché alla fine del Settecento alcuni marinai locali salvarono da un naufragio gli equipaggi di dieci navi mercantili: il re Giorgio III avrebbe ricompensato il gesto degli abitanti delle Cayman promettendo di non tassare mai il loro arcipelago. Ma è la Svizzera, il più importante e noto paradiso fiscale, grazie alla sua neutralità e alle norme sul segreto bancario. Beirut (Libano) divenne invece un paradiso fiscale dopo la Prima guerra arabo-israeliana (1948). Oggi non lo è più ed il suo posto è stato preso da Dubai (Emirati Arabi) che è soprattutto il rifugio fiscale dei russi e della finanza islamica.

Panama è un altro esempio: ha costruito la sua fortuna più come sede di società off-shore (legali ma che permettono di evadere il fisco o nascondere operazioni al limite del lecito) che con il suo canale. Hong Kong è diventata accesso privilegiato alla Cina continentale per il suo status di ex colonia britannica.

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