Checché se ne dica, l’ascensore sociale esiste ancora. E si può tranquillamente scommettere che anche negli anni futuri potranno essere raccontate storie come quella di Sidney Weinberg.
Figlio di un commerciante polacco di liquori all’ingrosso, non ha mai terminato il liceo, ma ha lasciato la scuola con lettere di raccomandazione da parte dei propri insegnanti. È arrivato nella “capitale” della finanza come assistente del portinaio, con una paga di 3 dollari alla settimana.
I suoi compiti comprendevano: spazzolare i cappelli dei partner e togliere il fango dalle loro scarpe. Il nipote del fondatore, Paul Sachs, lo prese in simpatia e decise di farlo studiare, iscrivendolo al Business College di Brooklyn dove apprese ciò che gli mancava per gettare le basi per una vertiginosa scalata. Nel 1925 divenne socio della Goldman Sachs e pochi anni dopo amministratore delegato. Quello che aveva ricevuto dai suoi benefattori lo restituì con gli interessi, scongiurando la bancarotta negli anni della Grande Depressione e poi trasformando la società nella più solida banca d’investimento del pianeta, riducendo la sua esposizione sui mercati azionari e focalizzandola verso i servizi ad aziende; attraverso questo processo la banca stringe forti legami con le più importanti aziende americane. Nel 1933 sviluppa una divisione di studio e ricerca sui Fondi d’Investimento, e nel 1934 un dipartimento sull’emissione di Bond Municipali.
Per tutti, fino alla morte intervenuta nel 1969, Sidney Weinberg divenne così “Mister Wall Street”, il soprannome che gli affibbiò il New York Times.
La banca, grazie soprattutto a Sidney, possiede un patrimonio pari ad un trilione di dollari.
La storia di Sidney Weinberg dimostra che anche partendo dalle posizioni più svantaggiate si può fare carriera e scalare i vertici. Ed il primo passo è credere in se stessi, sulle proprie potenzialità. Il secondo è impegnarsi per svilupparle e crescere in primo luogo come persona. Il terzo è cercare e cogliere le opportunità.