Sono tantissimi i dirigenti che ogni anno scelgono di lasciare l’ impresa in cui lavorano e costituirne una propria. Le statistiche dicono che, tra quelli che nel 2014 hanno perso il loro incarico, il 15% si è reinventato come libero professionista e l’11% come imprenditore. Non si tratta solo di top manager dalle parcelle milionarie ma anche di rappresentanti del cosiddetto middle management che, per forza o per scelta, prendono una strada del tutto inedita. È il caso di Giampaolo Rossi, ex dirigente di una società di formazione del personale che ha fiutato l’ occasione, ha lasciato l’ azienda e ha fondato Adexia, un ente che fa formazione e reclutamento di top manager. «All’ inizio mi sono assunto il rischio – racconta – ho preso in affitto una scrivania presso un’agenzia assicurativa e ho messo in piedi la mia azienda”». Oggi è una realtà di successo che forma i manager con sistemi innovativi come ad esempio il ricorso all’ arte e alle tecniche teatrali.
Oggi Adexia ha 7 dipendenti ed un fatturato di 1,5 milioni di euro.
La vocazione dei manager a diventare imprenditori si è sviluppata in due momenti economicamente opposti. Il primo all’inizio degli anni duemila con il boom dell’economia digitale quando molti dirigenti hanno lasciato lo aziende con un gruzzolo di liquidità e di competenze e hanno avviato delle startup. Qualcosa di simile è accaduto anche nel 2007 nel settore energetico. Sul fronte opposto, la seconda ondata di vocazione imprenditoriale è arrivata con la crisi economica, quando molti manager hanno dovuto riciclarsi. E proprio le difficoltà economiche, secondo la multinazionale di head hunting, hanno spinto i manager sulla strada dell’ iniziativa privata. In particolare uno studio realizzato dall’ azienda divide i dirigenti in tre categorie: i “coltivatori” (fedeli all’ azienda), gli “esploratori” (quelli che cambiano società ogni 36 mesi) e i “cacciatori” (i potenziali imprenditori).